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All’interno del monastero di Santa Chiara vi è l’eremo di Santa Chiara, cui si accede per il primo portone che si apre sinistra lungo la via del Parlatorio in direzione San Pancrazio. Questo luogo era chiamato dalle suore lo scarico poichè vi entravano i muli che, transitando sotto il portico e attraversando il cortile interno, trasportavano i materiali e le merci dei vari magazzini.
Sul cortile si aprono sia delle camere a disposizione di visitatori che vogliono fermarsi per qualche giorno, sia locali di riflessione e meditazione: troviamo nell’eremo una piccola cappella con il Santissimo Sacramento conservato in un tabernacolo ricavato dentro un tronco e di un altro locale molto basso come una piccola grotta in cui si può entrare solo piegati e pregare in ginocchia. L’eremo è stato inaugurato e benedetto dal vescovo Monsignor Francesco Lambiasi il 18 giugno 1999.
Secondo lo storico Caraffa il monastero di Santa Chiara fu eretto come monumento a ricordo della canonizzazione di Santa Chiara nella cattedrale di Anagni,  durante il pontificato  di Alessandro IV. Il carisma di Chiara di Assisi: ‘gioia, povertà , , contemplazione, semplicità , amore fraterno e ciò che vogliamo trasmettere ai nostri fratelli e sorelle che vivono nell’intreccio drammatico e magnifico del nostro tempo perchè la loro ricerca sia toccata da una certezza che qualcuno ci ha ha pensati, voluti amati’.
La Chiesa del  monastero è sempre aperta,  a immagine del cuore di ogni sorella per accogliere e custodire le ansie, i dolori e le gioie di ogni uomo. Nella bolla di canonizzazione  di Santa Chiara si descrive Chiara così:
E’ assidua nelle veglie e intenta nella preghiera. In questo spendeva la maggior parte del giorno e della notte.
Il silenzio nella vita di Francesco  e Chiara è un lungo cammino che il cuore compie perchè Cristo lo abiti e lo faccia suo completamente, senza alcuna riserva.
In Francesco la  conversione comincia in modo graduale, sino a raggiungere il culmine, per scomparire, nascondersi, e quasi seppellirsi negli scenari immensi di rocce eterne,  acque di luce in cui lui piccolo uomo amava perdersi per ascoltare attento quella voce che sale dal creato e che solo nel silenzio più raccolto può essere ascoltata.
Andare in un eremo anche se per poco tempo, è importante per rinunciare alla nostra dose quotidiana di inquinamento acustico che ci sottrae alla fatica di cercare risposte serie e profonde al nostro insaziabile bisogno di esistere, per  affrontare l’esperienza del deserto, del silenzio, tanto maggiore della necessità  di viverlo.
Affrancato dalle catene dei desideri mondani, quello spregiatore del mondo abbandona la città  e, libero e sicuro, si ritira nel segreto della solitudine per ascoltare solo nel silenzio i colloqui del cielo, mentre se ne andava per una selva da uomo di Dio,  Francesco cantava le lodi di Dio. Per Francesco la fuga del chiasso quotidiano non fu una semplice strategia di un campione dello spirito, ma fu una convinzione che in essa avrebbe incontrato l’assoluto e avrebbe incontrato se stesso:
parli dunque il silenzio, dove viene meno la parola, perchè dove non soccorre l’espressione anche la cosa segreta grida da sè.