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Intorno alla metà del XII sec. sorse, appena fuori la cinta muraria della Città di Anagni, un monastero appartenente all’ordine delle Clarisse che, nel 1575, passò ai frati Cappuccini i quali lo ampliarono trasformarono e mantennero fino al 1873, anno in cui furono espropriati in attuazione delle leggi che vollero la soppressione di tutti gli ordini, corporazioni e congregazioni religiose.
Tutti i beni e territori appartenenti all’ex Stato Pontificio, incamerati dallo Stato, potevano però essere, previa richiesta di utilizzo per pubblica utilità, alienati o concessi ai Comuni e alle Provincie.
Il complesso conventuale di San Pietro in Vineis fù inizialmente ceduto al Comune di Anagni. Successivamente, a seguito di svariate vicende ritornò in possesso del FEC (Fondo Edifici di Culto).
Nel 1926 l’INIEL (Istituto Nazionale degli Impiegati degli EE.LL. E loro superstiti) propose l’utilizzo di tale area per la costruzione ex novo di un collegio-convitto e, a tal fine, bandì un concorso che fù vinto dall’Architetto romano Alberto Calza Bini . Il progetto definito di “magnifiche qualità” , era costituito da un complesso di edifici a diversa funzione che , nell’articolata soluzione compositiva, disposta secondo diversi livelli di quota, inglobava l’antica chiesa di San Pietro in Vineis. L’Architetto romano decise, infatti, di conservare e integrare, nella sua proposta progettuale, la “cappella conventuale” trasformandola in un vero e proprio “fulcro compositivo”.
Tale decisione scaturì dalla scoperta, nella zona presbiteriale, di resti di pavimentazione cosmatesca e dal ritrovamento, nella stessa chiesa, in un adiacente muro appartenente ad un portico e in un ambiente posto sopra la navata destra, di pregevoli affreschi.
Fu dunque alla sensibilità artistica di questo Architetto appartenente alla cosiddetta “scuola romana”, formatosi accanto a personalità quali Gustavo Giovannoni e Marcello Piacentini e alla sua personale esperienza maturata nel campo del restauro architettonico (un esempio significativo è costituito da restauro del Teatro di Marcello – 1926-33- che eseguì in collaborazione con l’ architettto Paolo Fidenzoni) che dobbiamo la sopravvivenza, se pur “alterata” dall’intervento di “restauro” novecentesco, di questa interessante testimonianza artistica.

 

Aperture

Sabati e Domeniche

9.30 - 13.00 / 15.00 - 17.30

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